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Tlc, il sorpasso di Huawei
spaventa i big occidentali

di Gianni Rusconi

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1 dicembre 2009

Prima era sostanzialmente una questione di prezzi molto più competitivi, ora nel gran ballo dei fornitori di infrastrutture per le reti di telecomunicazioni un fattore alla base dell'ascesa in Europa delle aziende cinesi si chiama qualità (della tecnologia). Ed è un fattore che spaventa non poco i produttori del Vecchio Continente.

La sfida a Ericsson, Nokia Siemens Networks e Alcatel Lucent parte da Shenzhen, cittadella tecnologica dove hanno sede Huawei Technologies e Zte (Zhong Xing Telecommunication Equipment Company Limited), giovani multinazionali cresciute tanto e in fretta sia in termini di fatturato che di presenza internazionale. La fotografia del mercato delle infrastrutture per reti mobili, scattata dalla società di ricerca Dell'Oro, è lo specchio di questa prepotente escalation: Ericsson è il produttore leader con una quota in valore superiore al 30%, Huawei è salita al 20% scavalcando Nokia Siemens e Alcatel-Lucent (rispettivamente al 19% e 13%) e Zte si conferma quinta forza al mondo con una fetta di domanda, cha vale nel complesso 38 miliardi di dollari, vicina al 7 per cento.

Huawei e Zte, utili boom per attaccare il mercato europeo
Se a parità di condizioni d'offerta (tecnologie, qualità degli apparati e servizi di manutenzione a corredo), le aziende cinese riescono a garantire ai propri clienti costi di proprietà delle reti inferiori alla concorrenza perché un carrier che deve investire miliardi di euro per le nuove reti di telefonia mobile non dovrebbe "approfittarne"? Come hanno del resto fatto Telenor in Norvegia, Orange in Moldavia e Belgacom in Belgio, scegliendo nella fattispecie Huawei? La risposta è per certi versi scontata e ciò che, secondo gli analisti, dovrebbe preoccupare maggiormente i fornitori europei è la corsa ai network di quarta generazione Lte. Il passaggio alle reti 4G, sostiene in tal senso Goldman Sachs, potrebbe regalare ulteriori possibilità di crescita alle aziende cinesi in una fase in cui i big continentali - Nokia Siemens Networks ha registrato una flessione del 21% nel fatturato del terzo trimestre 2009 rispetto all'anno precedente – stanno soffrendo gli effetti della recessione economica.

Sintomatica anche la didascalia fornita da Infonetics Research su Huawei, definita «un giocatore importante in qualunque settore dell'industria delle reti», mentre per Zte parlano i dati di bilancio, con un fatturato aumentato nel terzo trimestre del 43% a 2,2 miliardi di dollari e un utile in salita del 59% a 60 milioni. E i numeri dell'esercizio 2008 di Huawei sono ancora più importanti: 18,3 miliardi di dollari il giro d'affari, ordini extra Cina pari al 75% del totale fatturato e utili arrivati a 1,2 miliardi di dollari. In Europa, dove opera dal 2000, la casa cinese fornisce tutti i maggiori operatori del continente, tra cui Vodafone, Deutsche Telekom, France Télécom e Telefónica sviluppando un business intorno ai tre miliardi di dollari l'anno.

Oltre 100 miliardi di dollari per sfondare in Italia
Ciò che balza all'occhio, guardando con attenzione ai conti di Huawei, è l'impatto delle attività nella regione Emea, area che genera circa il 40% delle vendite a contratto della società, rispetto a quelle relative al mercato Usa (dove è fallita la scalata a 3Com, comprata di recente da Hewlett Packard) e a quello giapponese. Il Nord America è però strategico ed ecco la ricetta per attaccarlo: aumentare la forza lavoro sul campo. In quest'ottica rientra il piano di ampliamento della struttura statunitense, che oggi impiega 900 persone e ne avrà 1.500 entro il 2010 (sono poco meno di 88mila a livello globale) per servire più adeguatamente carrier di seconda fascia come Cox Communications e Clearwire.

E che dire dei 102 miliardi di dollari stanziati da alcune banche cinesi per dare man forte agli operatori telefonici italiani già clienti di Huawei (Telecom Italia, Fastweb, Vodafone e Wind) e alle prese con la definizione dei piani di investimenti necessari per l'ammodernamento e l'implementazione delle rispettive nuove reti a banda larga? Il tutto senza ovviamente trascurare di dare continuità al business in Cina, dove i clienti si chiamano China Mobile, China Telecom e China Unicom, i tre più grandi operatori mobili del Paese.

Una concorrenza molto aggressiva
Disponibilità finanziaria, prodotti, competenze tecnologiche, prezzi molto competitivi e grandi ambizioni – armi in mano sia ad Huawei che a Zte - non sono comunque garanzie certe di successo: il mercato delle telecomunicazioni vive sì un periodo di grande cambiamento nel segno di Internet ma rimane spesso e volentieri ancorato a modelli e contratti ultra consolidati. E poi ci sono i concorrenti. Ericsson, che ha messo le mani sulla divisione wireless di Nortel (quella che comprende le tecnologie Cdma e Lte) per 1,13 miliardi di dollari e presto acquisirà gli asset Gsm in Nord America della stessa società, e gli altri big certo non dormono e possono a ragione far valere i contratti firmati con i big delle telcos a livello mondiale, come per esempio l'americana Verizon Wireless, partecipata di minoranza di Vodafone. Resta il fatto che gli analisti di settore predicono per i produttori di apparati e reti cinesi un futuro luminoso mentre non si può dire lo stesso di alcuni dei grandi player occidentali.

  CONTINUA ...»

1 dicembre 2009
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